Obrigado e’ una delle parole più ricorrenti che sentirete se andate in Portogallo. E’ il modo della popolazione di questo Paese (dal passato glorioso per la fama di conquistatori di terre lontane e di colonizzatori) di stabilire un contatto che va oltre il semplice gesto convenzionale che accompagna qualche domanda e risposta, qualunque negozio giuridico, qualunque forma di comunicazione. Sono stato a Lisbona e ho avuto modo di soddisfare una curiosità che avevo maturato da tempo su questa capitale europea. Sono stato alla immediata vigilia delle elezioni presidenziali: in Portogallo il capo dello Stato lo elegge direttamente il popolo e si vota non solo nelle scuole e/o in luoghi pubblici ma anche in siti differenti come per esempio l’azienda privata che eroga acqua e che ha gli uffici in Avenida de Libertate.
Lisbona e’ una città bella, ordinata, accogliente, ne’ troppo veloce e ne’ troppo lenta. È incrocio di culture diverse, religioni diverse. Un’area non troppo vasta in cui convivono tradizione e innovazione, voglia di passato e desiderio di essere al passo con i tempi in un contesto sempre più globalizzato e sovranazionale. È come se il terremoto del 1755 che risparmio’ sostanzialmente solo il quartiere dell’Alfama abbia segnato il destino per questo popolo e questa città alle prese con il cambiamento di continuo, volente o nolente. Popolo di conquistatori, ma anche di ricostruttori: così il marchese di Pomball, così con effetti completamente diversi il dittatore Salazar, così la nota rivoluzione dei garofani.
Muoversi fra il quartiere di Belem con la nota Torre, il monastero di Jeronimos, il ritmo slow dei bar e ristoranti del lungo Tago e’ d’obbligo. Così come lo è’ muoversi su e giù fra l’Alfama, il Castello di Sangiorgio, Rua Augusta, Bairro Alto, Chiado. E poi il museo di Gulbenkian dove si annusa il mondo intero, Italia conpresa. Obrigado Lisboa. Obrigado Portugal
Francesco Giorgino